venerdì 8 novembre 2013
L'aperitivo
Fin dall'antichità molti popoli facevano precedere la cena da una bevanda aromatica più o meno alcolica,nell'antica Roma si serviva del vino insieme a miele. Lo scopo era quello di stuzzicare l'appetito, la parola aperitivo infatti deriva dal latino aperire ovvero aprire.
Nel V sec. a.c. , il medico greco Ippocrate prescriveva ai pazienti affetti da inappetenza un medicinale di sua invenzione, Il Vinum hippocraticum, vino bianco e dolce in cui erano macerati fiori di dittamo, assenzio e ruta. I romani lo chiamarono vinum absinthiatum
L’aperitivo a largo consumo, inteso come abitudine alimentare e non come cura, nacque a Torino nel 1796 in una piccola bottega di liquori e vini gestita dal signor Antonio Benedetto Carpano il quale ebbe la geniale idea di vendere, in un’elegante bottiglia da litro, un vino aromatizzato con china che battezzò vermouth, dal tedesco wermut, assenzio.
Molti anni dopo ne venne donata una cassetta a Vittorio Emanuele II il quale disse di apprezzarlo per quel punt e mes (in torinese “punto e mezzo”) di amaro che aveva in più rispetto ai suoi simili; così il Vermouth con China Carpano (immediatamente ribattezzato Punt e Mes) divenne l’aperitivo ufficiale di Corte.
Nel 1815, il signor Ramazzotti di Milano creò per primo un aperitivo a base non vinosa, ponendo in infusione nell’alcol ben 33 fra erbe e radici provenienti da tutto il mondo: china sudamericana, rabarbaro cinese, arancia amara di Curaçao, arancia dolce di Sicilia, genziana della Val d’Aosta ecc.
In seguito a questi successi, a Pessione (To), il produttore di vini Martini, entrato in società col commendator Rossi, mise in commercio un altro tipo di aperitivo di sua invenzione:moscato di Canelli in cui erano stati macerati melissa, sandalo, cannella, artemisia, violette, china, cardo, rose e origano.
Piaceva soprattutto alle signore, il Martini Bianco, perché dolce; quindi, per accontentare anche i rudi palati maschili, Martini e Rossi sostituirono il moscato con vini molto secchi, dando vita così al Martini Dry.
Per non essere da meno, nel 1862 il signor Gaspare Campari, proprietario di un noto caffè, lanciò alla grande un nuovo aperitivo amaro e – per distinguerlo dal vermouth – lo chiamò con un altro nome d’origine germanica: Bitter (amaro) all’Uso d’Hollanda.
Nel 1900, a Milano, l’aperitivo si trasforma in fenomeno sociale, e il classico bicchiere di vino, accompagnato dalle olive “infilzate”, si fa via via cocktail e la lista dei drink si allunga e, con un po’ di ritardo, prende ad arricchirsi anche quella degli stuzzichini. Negli anni ottanta la città eredita la formula statunitense dell’Happy Hour e l’aperitivo decolla definitivamente come formula mondana per eccellenza.